Exodus
“le migrazioni portano con sé non solo fisicamente chi le vive, ma tutto ciò che esse lasciano nel paese d’origine, cioè il tesoro più grande: i loro affetti, le proprie origini, la propria cultura …”
di Anna Ventrella – Presidente del Mo.V.I. Lazio, Federazione Regionale
Exodus, un termine che ci riporta alla mente gli esodi biblici, così lontani, ma così attuali, gli esodi narrati nei libri e nei film, che raccontano la storia di popoli costretti a migrare, gli esodi di italiani dal Sud verso il Nord dell’Italia, gli esodi interminabili dei popoli africani, gli esodi di popoli che fuggono dalla miseria e dalle guerre, gli esodi nella memoria di tutti. Exodus, come il nome della nave, partita da La Spezia nel 1947, che deportò circa 4.500 ebrei verso la Palestina, intercettata dalla flotta britannica e scortati nei campi di detenzione tedeschi.,dopo che la Francia li aveva rifiutati. Exodus, il diritto di avere la memoria degli esodi più tragici che hanno visto coinvolti popolazioni intere di diverse età, di estrazioni religiose e provenienze etniche diverse.
Ma le migrazioni portano con sé non solo fisicamente chi le vive, ma tutto ciò che esse lasciano nel paese d’origine, cioè il tesoro più grande: i loro affetti, le proprie origini, la propria cultura, tanto da sopportare violenze e maltrattamenti sia dal paese di provenienza, ed a volte, anche dal paese che li dovrebbe accogliere, cui, inevitabilmente andranno incontro dopo quei lunghi viaggi della speranza verso mete sognate, accalcati su mezzi di fortuna, troppo spesso inadatti a traversate, durante le quali, purtroppo, molti di essi perdono la vita.
Una meta, un sogno, una speranza, il tutto racchiuso dentro quegli occhi grandi di fame, di voglia di dare, di voglia di scambiare la propria cultura con quella di chi li accoglierà, in quelle mani così segnate, stremati e nudi alla meta, traditi da un mercante menzognero. Eh sì, perché questo degli esodi è diventata un’industria delle migrazioni con un giro di denaro indefinibile…E a nulla valgono accordi bilaterali o interventi dei vari Governi, tanto i veri responsabili sono intoccabili! Ogni tanto uno scandalo, tanto per spostare l’attenzione altrove, qualche arresto, qualche ONG sotto inchiesta, qualche associazione di volontariato paga il prezzo di un traffico umano che esiste dall’inizio del mondo, un po’ come il peccato originale, e di cui ne siamo tutti colpevoli, ciascuno per la propria parte.
Quindi, come tutte le tragedie di portata mondiale che si consumano sotto gli occhi di tutti, il 3 ottobre, si è celebrata la Giornata della memoria delle vittime dell’immigrazione, ricorrenza istituita dal nostro Parlamento in ricordo delle 368 vittime del naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, una delle più gravi tragedie del Mediterraneo. Certo, tante sono state le iniziative che si sono svolte, promosse da associazioni e istituzioni, da Lampedusa alla Camera dei Deputati, alle tante scuole che hanno aderito all’invito del Miur: proiezioni di film, mostre, presentazioni di libri, incontri. Per ricordare, informare, riflettere. Perché il ricordo di quella tragedia ci sia d’insegnamento.
Ma come un incubo da cui non si riesce a risvegliarsi, finora così non è stato. In questi quattro anni sono stati ancora più di 15.000 i morti e i dispersi nel Mediterraneo. Un dramma senza fine, proseguito troppo spesso in mezzo alla nostra indifferenza. Una indifferenza che negli ultimi tempi è diventata, sempre più, insofferenza verso i richiedenti asilo. Ma aggiungerei che questa indifferenza è figlia dell’ignoranza e della paura, quindi della fragilità umana, perché più si vede negli altri un nemico, più saremo il nemico di noi stessi, perché gli “altri” siamo “noi”.
Tuttavia, nonostante tutto, molti migranti riescono ad inserirsi e integrarsi perfettamente nei paesi europei, non ultima l’Italia, dove portano ricchezza con la propria cultura d’origine, dove si fanno conoscere e apprezzare per la propria manodopera, ma anche come imprenditori, come professionisti, e come artigiani, apportando anche una crescita demografica laddove, purtroppo, le nascite sono ormai ferme da anni, insomma, a mettere su famiglia e casa nel paese che li accoglie, in questo caso in Italia, notoriamente il Paese del sole e dell’amore, dell’accoglienza, il Paese delle più grandi migrazioni di massa verso altri paesi, ma anche all’interno del nostro stesso paese, dove devono faticare e non poco per vedere rispettati i diritti di essere persone, come tutti, perché, in fondo, i diritti sono uguali per tutti.
Ma tra arrivi sulle nostre coste e insediamenti apparentemente felici, purtroppo, continua a montare un brutto clima nel nostro paese e riemergere preoccupanti toni razzisti e xenofobi. É bene allora che giornate della memoria ce ne siano più spesso ed ovunque , e che ci inducano tutti a riflettere seriamente, perché se è vero che spetta a Stati e Governi il compito di studiare le soluzioni più efficaci per governare e gestire al meglio il fenomeno dell’immigrazione, nel rispetto dei diritti umani e delle norme di sicurezza,, è anche vero che tocca a ciascuno di noi il dovere morale di non rassegnarci all’imbarbarimento della nostra società e di rilanciare l’impegno per una nuova cultura dell’accoglienza e della convivenza, che è possibile e necessaria, così come lo è stato in passato quando migliaia di italiani si sono riversati in paesi lontani in cerca di lavoro, esportando la cultura degli italiani nel mondo, ancora riconosciuta ed apprezzata, certo, a costo, anche allora, di tante vite, di indifferenza, di razzismo e di tanti sacrifici…
Molti autori italiani hanno dedicato romanzi, film, poesie sul fenomeno delle migrazioni dall’Italia e verso l’Italia, ma voglio chiudere questo mio pensiero dedicando a tutte e tutti i migranti che ancora sognano un futuro migliore in un paese che credono ancora amico, lo stralcio di alcuni versi di una poesia di De Amicis , Gli Emigranti, scritta e pubblicata nel 1882, che già, a quei tempi, era un fenomeno di forte impatto sociale:
Cogli occhi spenti, con lo guancie cave,
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.
E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.
Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.
…….
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.
Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.
……